Per il commercio al dettaglio dell’Emilia-Romagna il 2020 si è chiuso con la peggior riduzione delle vendite degli ultimi sette anni: il calo è stato dl 5,6%.
Per trovare una flessione più profonda bisogna ritornare al 2012 e al 2013 (-5,7%).
A rilevarlo è l’indagine congiunturale realizzata da Camere di commercio e Unioncamere Emilia-Romagna: pesa la ripresa della pandemia autunnale, che ha accentuato la tendenza negativa delle vendite nel quarto trimestre (-3,1%).
La congiuntura però nota una polarizzazione per settori e per tipologie. Le vendite dello specializzato alimentare, nel quarto trimestre, si sono ridotte solo dell’1,1%. Il dettaglio specializzato non alimentare, invece, ha subito una caduta sensibilmente più ampia (-7,6%). Al contrario, nota l’indagine congiunturale, iper, super e grandi magazzini hanno nuovamente beneficiato della situazione, grazie alla capacità di gestire la difficile contingenza e alle consegne a domicilio, ottenendo un nuovo notevole aumento delle vendite, in particolare, il più forte incremento tendenziale dall’avvio della rilevazione nel 2003 (+9,3%).
Complessivamente, nel corso del 2020, le vendite della distribuzione specializzata alimentare hanno contenuto il taglio al 2%, mentre quelle delle imprese specializzate non alimentari hanno accusato decisamente gli effetti delle restrizioni imposte e registrato la caduta più ampia mai sperimentata dall’inizio della rilevazione (-10,2%). Ipermercati, supermercati e grandi magazzini hanno realizzato un incremento delle vendite del 4,9%, il miglior risultato conseguito dal 2007 per questa tipologia distributiva.
La pressione sulla base imprenditoriale si è di nuovo lievemente ridotta. Le imprese attive nel commercio al dettaglio erano 42.715 al 31 dicembre 2020, cioè 879 in meno (con un calo del 2%) rispetto a un anno prima. Ma, avverte la nota di Unioncamere, “gli effetti della pandemia sulla demografia delle imprese si potranno valutare a pieno una volta che gli strumenti di salvaguardia introdotti saranno rimossi”.