Da maggio i 37 dipendenti chiedono risposte davanti ai cancelli dell’azienda, specializzata in stampe grafico-commerciali
“La situazione è come all’inizio. Non si è mosso niente, solo chiacchiere, incontri che non vanno mai a buon fine. Solo che noi siamo fuori da 90 giorni”. A parlare sono i dipendenti dello stabilimento bolognese della Rotopress, azienda specializzata in stampe grafico-commerciali, che picchettano i cancelli dell’azienda da 90 giorni. Sono in presidio permanente da maggio, in attesa di conoscere il loro futuro: all’inizio della vertenza avevano denunciato un uso massiccio della cassa integrazione, e tutti i 37 dipendenti sono stati messi a casa a zero ore. “All’improvviso, buttati in mezzo a una strada”, attaccano.
“Di punto in bianco, ci siamo ritrovati fuori dall’azienda- ricostruisce Davide Gelli, uno dei dipendenti in presidio- in più, dopo una settimana circa, ci siamo accorti anche che ci avevano disabilitato i badge senza comunicarcelo”. E anche nelle settimane seguenti, nonostante i vari incontri della vertenza che hanno coinvolto l’impresa, i sindacati e la Città metropolitana, di segnali non ne sono arrivati. Dai vertici dell’azienda, Rotopress international, che ha sede a Loreto e fa capo al gruppo Pigini, ma tra i soci figura anche Monrif, società editrice de Il Resto del Carlino, nessuna comunicazione.
“Sempre le stesse storie, non ci dicono mai niente, né se vogliono aprire, chiudere, riaprire niente. Non si sa assolutamente niente e noi ci siamo rotti i coglioni perché non ne possiamo più di questa storia– spiega sconsolato Antonino Cataldo, un altro dipendente- il gruppo Pigini, Monrif… che si esponessero, venissero e ci dicessero le cose come stanno. Ci siamo stancati di questa situazione”.
Così, quando la maggior parte dei lavoratori va in ferie, i dipendenti Rotopress, nel pieno di agosto, rimangono davanti all’azienda di via Mattei, in attesa che riprenda la vertenza. “Dall’1 settembre, come dicono, ci saranno vari incontri, e si spera che da questi ci diano una speranza. Non chiediamo niente, solo il nostro lavoro. E basta”. L’auspicio infatti è che si trovi rapidamente una soluzione per i 37 dipendenti e le loro famiglie. “Speriamo davvero perché siamo davvero stanchi. Sono ormai 90 giorni di presidio, non ce la facciamo davvero più. Abbiamo famiglia, spese, bollette e diventa davvero difficile”, conclude Gelli.