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11 Febbraio è Giornata mondiale del malato: empatia, ascolto attivo e fiducia nelle professioni sanitarie

Comprendere le esigenze del paziente, ascoltarlo senza giudizio e guidarlo verso scelte consapevoli, richiede una comunicazione autentica e profondamente rispettosa, un percorso indispensabile in tutte le relazioni di aiuto.

La Giornata Mondiale del Malato è stata istituita nel 1992 da Papa Giovanni Paolo Secondo,  che ha voluto dedicare questa giornata ai malati di tutto il mondo, al fine di promuovere la compassione, la solidarietà e l’attenzione verso coloro che soffrono a causa di malattie. Nella medicina e chirurgia il rapporto tra medico e paziente rappresenta uno degli elementi cardine per il successo di qualsiasi intervento. Questo rapporto non si basa soltanto su competenze tecniche o sull’adesione a specifici protocolli medici, ma su una dimensione umana fondamentale: il dialogo empatico.  Ne abbiamo parlato con la dottoressa Laura Mazzotta  Specialista in Igiene e medicina Preventiva, Nutrizione clinica, e Medicina Estetica presso  AEsthe Medica a Ferrara.

(Nella foto la dottoressa Laura Mazzotta)

L’empatia nella relazione medico-paziente: di cosa stiamo parlando dottoressa Mazzotta?

L’empatia è la capacità di mettersi nei panni dell’altro, di percepire e comprendere le sue emozioni e i suoi bisogni. Nel contesto della medicina- spiega la dott.ssa Mazzotta-questa capacità assume un ruolo cruciale.

l dialogo empatico permette al medico di cogliere non solo le richieste esplicite del paziente ma anche le motivazioni più profonde che le sottendono. L’empatia è proprio quella qualità che consente di cogliere e interpretare correttamente tutte le sfumature che ogni richiesta contiene, evitando di ridurre il paziente a ciò che non è e non potrà mai essere: un semplice “oggetto fisico” sul quale intervenire con un trattamento medico. Creare una connessione empatica significa accettare il paziente nella sua totalità, considerandolo non solo come un corpo, ma come una persona con vissuti, emozioni e bisogni unici. Questi aspetti più intimi e interiori costituiscono la reale essenza di una persona; pertanto, la loro adeguata comprensione è fondamentale per il medico al fine di proporre una terapia che porti non solo alla risoluzione del problema fisico (quando questa sia possibile), ma ad un effettivo beneficio per la qualità della vita di chi si sottopone ad essa.

E saper cogliere le emozioni, quanto è importante nella relazione con il malato?

Il dialogo empatico richiede anche la capacità di gestire le emozioni, sia del paziente che del terapeuta. Le persone che si rivolgono alla medicina possono portare con sé un bagaglio emotivo complesso, fatto di insicurezze, speranze e, talvolta, traumi. Un medico empatico deve essere in grado di accogliere queste emozioni senza lasciarsi sopraffare, mantenendo un atteggiamento professionale ma al tempo stesso umano. Spesso il paziente arriva con aspettative alte o timori che possono emergere nel corso della consultazione. È fondamentale che il terapeuta sappia riconoscere e affrontare queste emozioni senza banalizzarle. Di fronte a una persona che manifesta ansia riguardo a un intervento di routine, ad esempio, è importante favorire il recupero di uno stato di calma, spiegando con chiarezza ogni fase del trattamento e rispondendo con pazienza a tutte le possibili domande. Anche il medico può trovarsi a dover affrontare situazioni emotivamente impegnative- evidenzia la specialista- come il rifiuto di una proposta terapeutica da parte del paziente. In questi casi, occorre continuare a comunicare in modo chiaro e rispettoso, evitando di assumere un atteggiamento difensivo o autoritario. Infine, gestire le emozioni durante il colloquio significa anche saper riconoscere i propri limiti. Se il medico avverte che una situazione emotiva sta diventando troppo impegnativa, può essere opportuno chiedere supporto a un collega o a uno psicologo, garantendo comunque al paziente il massimo supporto possibile.

La fiducia: è la base del dialogo empatico dottoressa Mazzotta?

La fiducia è il pilastro su cui si costruisce una solida relazione medico-paziente e un dialogo empatico efficace. Per instaurarla- sottolinea la dottoressa Mazzotta- il medico deve dimostrare non solo competenza tecnica, ma anche integrità, trasparenza e, soprattutto, rispetto e attenzione.

Durante la consulenza è fondamentale dedicare il tempo necessario all’ascolto del paziente, ponendo domande mirate, rispondendo in modo chiaro e onesto ai suoi dubbi e cercando di comprendere e gestire le sue aspettative.

Ci sono poi tutta una serie di piccoli ma preziosi gesti, che favoriscono e consolidano questa interazione attraverso dimostrazioni di attenzione e rispetto. Accogliere con un sorriso, mantenere un contatto visivo durante il colloquio e utilizzare un tono di voce rassicurante possono contribuire a creare un’atmosfera positiva e rilassante. Questi dettagli, apparentemente insignificanti, hanno un impatto rilevante sulla percezione che il paziente ha del medico e dell’intero percorso terapeutico.

L’ascolto attivo: una competenza imprescindibile?

Accanto al rapporto di fiducia, un altro elemento può dirsi essenziale per l’instaurazione del dialogo empatico fra medico e paziente: si tratta della capacità di ascolto attivo. Ascoltare attivamente- precisa l’esperta-  significa non solo sentire le parole dell’altro, ma anche coglierne il significato profondo e percepire ciò che le parole non dicono, osservando il linguaggio del corpo, ponendo attenzione al tono della voce e alle emozioni che emergono durante la conversazione. L’ascolto attivo richiede anche una grande capacità di sospendere il giudizio. Ogni paziente ha una storia unica e motivazioni personali, che meritano rispetto e, appunto, ascolto!

La capacità di domandare è un elemento essenziale nella dinamica dell’ascolto attivo. Un buon terapeuta deve saper padroneggiare questa preziosa “arte”, passando dalle domande più specifiche e stringenti, necessarie ad esempio per contribuire a individuare le cause e le fasi evolutive di un problema estetico, a quelle “aperte”. Nello specifico, queste ultime corrispondono a quesiti come “Cosa si aspetta da questo trattamento?” o “Quali sono le sue principali preoccupazioni?”. In pratica, anziché restringere il campo di scelta ad un sì o un no, invitano il paziente a esprimersi liberamente, permettendo al medico di raccogliere informazioni preziose sulle sue aspettative e motivazioni. Il valore aggiunto di questo modo di relazionarsi è l’instaurazione di un dialogo più profondo e significativo che può solo giovare all’obiettivo comune.

L’ascolto attivo deve essere anche in grado di cogliere il significato dei silenzi e di ciò che il paziente esprime attraverso i segnali non verbali. Ad esempio, una persona che evita il contatto visivo o che si muove nervosamente sulla sedia potrebbe essere ansiosa o insicura. Riconoscere e affrontare queste emozioni in modo empatico aiuta a creare un ambiente di sicurezza e conforto.

Quando un paziente si sente ascoltato è più propenso a esprimere apertamente dubbi e preoccupazioni. Di conseguenza, il suo processo decisionale sarà più trasparente ed efficace. Questo porta a scelte terapeutiche meglio informate e anche ad una maggiore aderenza ai trattamenti proposti.

Conclusione: il dialogo empatico come chiave del successo

Investire nel dialogo empatico significa creare relazioni autentiche, basate sulla fiducia, sul rispetto e sulla comprensione reciproca. Questo approccio contribuisce a costruire un percorso di cura che rispetti la dignità della persona e la aiuti a sentirsi parte attiva del proprio percorso terapeutico.

In definitiva l’interazione empatica è la chiave per fare davvero la cosa giusta, unendo competenza tecnica ed etica professionale in un’armonia che valorizza sia il paziente sia il medico, aprendo la strada a una medicina più consapevole e responsabile.

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